Cromatura senza inquinamento? Ora si può!

La cromatura è uno di quei particolari processi industriali che, sviluppati per una mansione specifica e precisa, si sono poi trovati ad essere impiegati anche per una serie di ragioni assolutamente diverse da quelle che erano originariamente nelle intenzioni dei progettisti che hanno sviluppato la tecnologia necessaria, e praticamente anche nella mente del pubblico privo di competenze tecniche sono arrivati ad essere famosi e citati con maggior frequenza per questi utilizzi “secondari” piuttosto che per i loro scopi primari. Nel caso specifico della cromatura, siamo davanti a un processo nato per motivi meccanici ma impiegato e conosciuto prima di tutto per i suoi risultati estetici,per i quali si sceglie spesso di eseguire anche la cromatura plastica oltre a quella metallica.

È infatti caratteristico, specie nel parlare comune, avere un’idea molto precisa quando si usa il termine “cromatura” – e questa idea non ha, di certo, a che vedere con le caratteristiche meccaniche, di durezza e resistenza all’abrasione, che tale processo può conferire ad esempio ad un particolare metallico come la parte funzionale di una macchina utensile. Il termine cromatura infatti porta alla mente, più semplicemente, l’idea di una superficie metallica lucida e scintillante, che non annerisce e non arrugginisce e ha un aspetto che può andare dall’ “hi-tech” al fascino, magari più retrò, dei particolari di certe vecchie automobili.

Purtroppo, però, questo procedimento che sposa tante utili caratteristiche di tipo meccanico a un così eminente valore estetico (che lo rende uno strumento spesso utilizzato nel campo del design , particolarmente per dettagli eleganti), e che quindi trova tanto imponente impiego sia nell’industria pesante che nella manifattura di oggetti domestici, è gravato da un brutto difetto, la cui rilevanza, soprattutto oggi che l’impatto sull’ecologia dei processi industriali sta sempre più assumendo l’importanza che merita fra i fattori da valutare, non può più essere trascurata: è infatti una prassi che genera una grande quantità di sostanze inquinanti e pericolose.

Questo è però vero solamente con le tecnologie di cromatura tradizionali, e specialmente con la più diffusa storicamente, ossia quella che fa uso di un cosiddetto bagno galvanico per far depositare sull’oggetto che sta venendo trattato il sottilissimo strato di atomi di cromo che conferirà alla superficie l’aspetto lucido e la migliorata durezza e resistenza di cui parlavamo poche righe fa. Originariamente, infatti, prima che per legge fosse reso obbligatorio il passaggio alla variante di cromo detta trivalente, meno tossica e dannosa, in tali bagni veniva impiegato il cromo cosiddetto esavalente, che presenta enormi rischi per la salute degli operatori in quanto sia subito tossico che, ancor più preoccupante, cancerogeno; inoltre il meccanismo richiedeva l’utilizzo di acidi, come l’acido cloridrico e la soda caustica, il cui smaltimento generava ulteriore inquinamento.

Di recente, per fortuna, sono però state inventate nuove procedure di cromatura che hanno del tutto superato I problemi di tossicità e inquinamento dei metodi tradizionali, e permettono di cromare oggetti plastici e metallici senza alcun rischio, in ambiente sottovuoto. In questo caso I pezzi vengono preliminarmente ricoperti da un rivestimento ceramico, e poi esposti ad un plasma di vapori di cromo ionizzati, le cui particelle possono depositarsi senza l’applicazione di sostanze pericolose sulla superficie da lavorare. In questo modo si ottengono I risultati estetici dei metodi tradizionali, ma senza alcun rischio di inquinamento.